1. La domanda sul che fare “perché non riaccadano” i (mis)fatti della Caserma di Piacenza è divenuta popolare, anche a (opportuno) contenimento delle declamazioni di principio ( ad impronta fideistica, anziché strategica o pragmatica ): “io sto… io non sto.., con i Carabinieri”; etcetera. Mentre non è divenuta politica, né, tanto meno, istituzionale (delle istituzioni direttamente o indirettamente coinvolte, o di quelle massime, riassuntive ). Il che mostra, detto incidentalmente, sensibilità popolare, anziché politica o istituzionale, agli affari sociali del rango di “affari di Stato” . E bisogno solo popolare di soluzioni. 2. La risposta alla domanda è tuttavia tenuta alla superficie di ciò che la ha suscitata, al mero manifestatosi, nella Caserma di Piacenza. Al più, al “ rivelatosi”. E perciò sciorina soluzioni del fenomeno, non delle cause: maggiore vigilanza interna, maggiore “ trasparenza”, “ immatricolazione” di ogni carabiniere sul campo perché sia eventualmente individuabile e denunciabile. E via congetturando se non fantasticando sul che fare, già metodologicamente. 2.1 Quindi va alla mente di pochi che essendo, l’accaduto, espressione di un potere (dell’uomo sull’uomo!) e del suo esercizio, alla domanda non c’è risposta ( plausibile strategicamente o pragmaticamente), che non parta dall’ essenza, del potere, dalla sua influenza sul titolare, dai fattori che lo compongano, dalla misura del loro effetto. 3. Ora, se l’essenza di un potere è quella (appunto) di potere alcunché, esso fa quel che gli è dato di fare. Se gli è dato di incriminare immobilizzare fermare arrestare, esseri umani, di perquisire e di sequestrare quanto abbiano, lo fa.E se gli è dato di delinquere formalmente (perché impunemente), con “agenti sotto copertura” (se non “provocatori” di reato) a scoprire rei (riassuntiva delle precedenti: L. 9 gennaio 2019, n. 3: “spazzacorrotti”), lo fa.
3.1 Ma se gli è dato di fare, gli è anche dato di strafare (ad esempio, che l’agente arrestatore si faccia sequestratore di persone; che quello “coperto” a scoprire spacciatori di droga (o di armi etc.) si faccia spacciatore…). Certo, oltrepassando limiti legali vocati al contenimento. Tuttavia, se il potere è diffuso (non c’e aggregato urbano che, per quanto minuto, non contenga caserme quanto parrocchie!), tanto da divenire individuale, personale, (e quindi) autoreferenziale, è illusorio ( e illusionistico) supporre che non ecceda.
Tanto più quando, il potere di matrice istituzionale generi potere extrastraistuzionale, sociale, sorretto a sua volta da ingordigie e cupidigie (vd i bagordi e le mostre di opulenze dentro e fuori la caserma, le lussurie delle sottomissioni d’esseri umani, le ebbrezze degli spacci di droghe e dei loro ricavi. Promananti, a loro volta, da deficit scolastici, culturali, da condizioni subculturali, tuttavia neanche lontanamente considerabili, tanto meno emendabili, all’atto delle investiture).
4.1 E l’insieme monta esponenzialmente, quando la diffusione soggettiva del potere sia abbinata a quella oggettiva, condizionale.
Quando, cioè, il potere di polizia giudiziaria ( di immobilizzazione di fermo di arresto, di delinquenza “sotto copertura” ….), anziché circoscritto ai casi di omicidio (di rapina di sequestro di persona, di stupro etc), materiali e offensivi quanto sporadici (e la cui entità, perciò, potrebbe tollerare il rischio dell’eccesso dal potere), sia esteso allo sconfinato “traffico della droga”.
Che ha la consistenza di un mercato nazionale e internazionale, anzi globale, perché animato da una incessante domanda di consumo, il quale inoltre, anche in quanto offensivo (se mai…) non d’altri che del consumatore, si convince della propria innocuità materiale, della propria innocenza giuridica, oltre che della intangibilità (liberale) della propria volontà. Al punto che, posta la richiesta, dai Comandi dei carabinieri (come da quelli di altre polizie giudiziarie!), di arresti (con promesse di “encomi solenni”!), non è impensabile che, la configurazione delle reità per droga sia stata finalizzata a realizzazioni pandemiche d’essi (e, ovviamente, al corrispondente incremento del potere dell’uomo sull’uomo).
5. In tale orizzonte, quella prole di popolo basso riscattantesi socialmente (talora solo ) indossando una divisa militare, è responsabile dell’eccesso dal suo potere? O lo è questo (stesso)? Questo ed il suo artefice sociopolitico e giuridico, l’istituzione, creativa e assegnativa d’esso benché non ritraibile dall’eccesso ?
6. A ben vedere, quindi, la questione basale, non superficiale, è quella del Potere. Della sua escogitazione dimensione assegnazione giuspolitiche, e delle conseguenze. Anche perché, naturalmente generativo di sudditanze, è in rapporto a queste che si agitano le lotte per l’acquisizione di prerogative giuridiche che ne riscattino il popolo: i “diritti soggettivi”, personali e reali, sostanziali processuali e così via.
6.1 In materia la vicenda piacentina è particolarmente istruttiva.Gli arresti di polizia, mentre eludono la “riserva di giurisdizione” (perché l’evoluzione storica dei doveri- e relativi diritti- di “habeas corpus” ha voluto che ad arrestare fosse il giudice), fanno irruzione nella presunzione di innocenza (in verità, insieme agli arresti del giudice) e la devastano. Lo hanno fatto tanto compulsivamente da divenire endemici: i carabinieri della caserma in parola arrestavano illegalmente tanto quanto “legalmente”.
6.2 Ebbene, ciò non sarebbe accaduto se la Costituzione, che lo ha permesso, lo avesse vietato. Certo, lo ha permesso in via di eccezione, “in casi straordinari di necessità di urgenza indicati tassativamente dalla legge ” (art 13). Ma, insufficientemente “antifascista, dismessa la capacità politica di prevedere – pur bastando una semplice riflessione storica sul potere di polizia (che è potere militare, particolarmente quello dei carabinieri, oggi “Forza armata e forza militare di polizia a competenza generale” !), che l’eccezionale sarebbe divenuto regolare (regolare potere di angariare e di angosciare i sudditi).
7. D’altronde, altrettale dismissione di capacità politica di previsione ha indotto la Costituzione a permettere anziché vietare la decretazione governativa nei “casi straordinari di necessità e di urgenza” (art 77). E a far sì che, questo potere eccezionale, conducesse il decretante a destituire il Parlamento dalla sovranità legislativa.
8. In entrambi i casi, sostanzialmente avvicinandosi al suicidio (non solo politico) , insieme al suo popolo.
pietro diaz
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