PALAMARA ESPULSO DA ANM: NON FARO’ DA CAPRO ESPIATORIO…

1. Che l’espulsione sia stata, intenzionalmente, tesa a significare che:
-tutto sarebbe stato opera d’uno; diversamente, tutti o almeno anche altri sarebbero stati espulsi;
-l’espulsione dell’operatore avrebbe impedito la riproduzione dell’opera;
– ciò avvenendo, tutto sarebbe stato risanato;
che l’espulsione, dicevasi, abbia avuto quella intenzione, è evidente.
Non essendo pensabile che un’opera di mediazione incessante, cruciale , tra “ correnti”(pretendenti, aspiranti ad incarichi e a cariche, o a benefici o vantaggi di vario genere funzionale), guidata da uno, potesse (già dinamicamente) non essere stata di tutti (i partecipanti ad essa, s’intende). Tutti avendovi interagito concorso competuto.
E non essendo pensabile che non ne avessero tutti coscienza.

1.1 Ma se l’espulsione, come si diceva, ha avuto quella intenzione, l’associazione, espellendo l’autore dell’opera, ha fatto il conto con sé stessa.
2. Cioè ha espulso” anchesé stessa, ma in forma parziale e traslata , mimetizzandolo, celandolo. Nel rituale del “capro espiatorio” (non a caso subito percepito dall’espulso).
Rituale di ascendenza biblica (Levitico, Talmud, Mishnah: allegoricamente ), forse precedente essa, per il quale, archetipicamente, la colpa d’una comunità era “espiata” sacrificando uno o più dei suoi membri. Mediante “olocausto” di parte d’essi ed allontanamento di altra parte nel deserto – ove perisse di stenti-, recando il fardello della colpa comunitaria su di sè (s)caricata – esemplificando: il rituale dell’allontanamento nel deserto ebbe rappresentazione icastica nel destino degli Armeni intorno all’anno 1915; quello dell’olocausto, nel destino degli ebrei e di altri, intorno all’anno 1940).
Allontanamento ed olocausto, quindi, tanto responsabilizzanti alcuni, della colpa della comunità, quanto deresponsabilizzanti questa. In effetti trattenente ( e quindi riproducente e perpetuante) la sua colpa. E, se “ espiante”, non ravvedentesi, di questa, non riscattantesi dal substrato genetico.

2.1 Così che, imboccata la via del deserto o dell’olocausto, è acclarata la volontà della perseveranza nella colpa. Del mantenimento puntuale in statu quo ante.
E così che la soppressione del “capro” non sopprime affatto la colpa comunitaria.
Ciò è tanto vero che , ravvisato (anche solo) l’indizio del rituale del “capro”, è desumibile univocamente (per la costante sociostorica relativa) sia l’esistenza della colpa, nella comunità celebrante, sia la volontà di conservarla e riprodurla.

2.2 E anzi, da ogni “dispersione nel deserto” e da ogni “olocausto” di parti della comunità, ne è desumibile la volontà politica di deresponsabilizzarsi della colpa.

3. Per cui, pare arduo dare torto a Palamara e ragione ad ANM.

E socialmente e politicamente dovrebbe ammettersi l’inverso e operarsi in conseguenza.

pietro diaz

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