Il potere gialloverde avrebbe di soppiatto ridotto i tempi di prescrizione (da 12,5 a 7,5 anni) del reato di peculato già attribuito a vari politicanti, ad esempio quelli l’altro ieri condannati dal tribunale di Milano?
Lo avrebbe fatto introducendo un comma nell’art 316 ter cp, per Il quale è aggravato (nella pena) il reato li previsto, di percezione indebita di erogazioni dallo Stato o altri enti pubblici anche europei …., se commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio con abuso di qualità o di poteri?
Non e’ inverosimile che quel potere, o almeno una delle sue componenti, abbia tramato legiferando a protezione delle sue schiere. Lo fece nell’anno 2006, di febbraio, governo Berlusconi, allorché i leghisti erano processati per attentati contro la Costituzione realizzati in vari modi, ma senza atti violenti, che tuttavia l’art 283 c.p., non richiedeva per la condanna.
Ebbene, fu prontamente intuito che se fosse stata aggiunto il requisito “con atti violenti”, ogni fatto commesso senz’essi sarebbe divenuto non punibile perché non più previsto come reato (per il principio, in art 25 cost., che si e punibili solo per un fatto previsto dalla legge come reato; e per il sotto principio, in art 2 cp, per cui non si è più punibili se il fatto abbia cessato di essere reato).
Il requisito fu aggiunto, ed il leghismo più tronfio ed eccessivo, ma “non violento”, fu prosciolto dalle accuse (tuttavia, con quello stratagemma dell’evo berlusconiano, fu talmente abbassata la difesa della Costituzione, che scandalosi attentati contro essa, passati e presenti, perpetrati sopratutti “dalla politica”, la hanno trovata inerme…).
Per cui e’ verosimile che anche stavolta il potere politico abbia tramato allo stesso fine.
Ed è parso vero ad una molteplicità di commentatori, non solo giornalistici.
Tuttavia, se pur vero nelle intenzioni, ciò e’ falso negli esiti.
Il contrario, di fatti, ha ignorato:
che il reato in art 316 ter cit. consta di percezione di erogazioni dallo Stato etc…… di cose di cui il percettore non dispone, e che consegue ingannando (in vario modo) chi le abbia (Stato et ..) per averle a sua volta.
Mentre il reato di peculato, in art 314 c.cp., consta di appropriazione di cose di cui taluno disponga “per ragione di ufficio”, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio.
Cose che dunque, costoro, non percepiscono da alcuno (tanto meno ingannandolo) ma, avendole, privatizzano.
I due reati, per ciò, sono inaccomunabili, differiscono totalmente (oggettivamente soggettivamente in ogni altro modo).
E per ciò il tempo della prescrizione dell’uno non è affatto quello dell’altro.
D’altronde, per capirlo, sarebbe bastato considerare che se la presenza dei predetti agenti pubblici nella percezione in art 316.ter cit, integra una “circostanza aggravante” del reato, essa mai potrebbe identificarsi con quella degli stessi nella appropriazione…in art 314 cit., la quale integra un “elemento costitutivo” del reato (fra questo e quella l’incompatibilità è assoluta, per la scienza e la legge penale).
Ebbene, la appropriazione ha ritenuto il tribunale di Milano impartendo cinquantadue condanne a chi, disponendo di denaro destinato a scopo politico, deviatolo a scopo privato, lo ha consumato.
In proposito, pertanto, è a dir poco singolare che la difesa degli imputati, in quel processo, ne abbia richiesto la sospensione in attesa della vigenza (imminente) dell’ art 316 ter cit…
Tanto singolare quanto ovvio il rifiuto del tribunale di disporla, alla luce, è supponibile, di quanto detto.
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