…morto-vivo (o viceversa), in processo, il povero Cucchi…

Accadimento della “opposizione” (ontologica) non impossibile, nell’evangelio di Marco, ma se possibile anche nelle imputazioni (dei procuratori della repubblica), potrebbe covare neoevangelismo (irrealismo, mistico, o baro, a fondamento neoreligioso); tanto che:

se, dati il “pestaggio” (lesioni di art 583 cp), di Cucchi, e la morte “per” esso, dato un rapporto materiale, qualsiasi, tra l’uno e l’altra, il codice penale li traduce in omicidio (doloso, preterintenzionale, colposo) o, almeno, in morte “deriva(tiva)” da “delitto doloso” (lesioni in specie: art 586 cp);

cioè, li pone entro un solo reato e altrettanto fa il codice di procedura penale (rigidamente servente in ambito);

e se più, anche distintamente, siano i rei, delle lesioni e della morte, anch’essi, i due codici, pongono entro una sola reità “di concorso” ex art 110 cp (immancabilmente nella imputazione, pur non escludendosi che, il corso del processo, possa, eccezionalmente ex art 41.2 cp, sciogliere l’unità del reato e della reità, ove sia completamente sciolto il rapporto materiale tra lesioni e morte);

se i due codici, per ciò, in proposito, parlerebbero (inderogabilmente) solo di leso-morto, di morte del leso, di omicidio o di morte derivante da lesioni, giammai di morto-vivo (o viceversa);

ciò malgrado, parla di morto-vivo (o viceversa) l’ imputazione “Cucchi”, la quale, di fatti, riferendo le lesioni agli agenti di polizia (penitenziaria), la morte ai medici “accettanti”, cioè sciogliendo (essa!) l’unità del reato e della reità’ (la sentenza manterrà la prima, sotto specie di omicidio colposo, e, forse, avrebbe mantenuto la seconda, se le fosse stata offerta dalla imputazione), ha reso il povero Cucchi, ad un tempo, vivo (nelle lesioni, che, d’altronde, constano di malattia del corpo, o della mente, del vivo) e morto (nella conseguenza dell’abbandono ex art 591.3 cp, constante della morte del corpo del vivo): insomma lo ha ancora una volta dilaniato, infiggendogli la “opposizione” suddetta;

ebbene, avrebbe così macroscopicamente sviato, la imputazione che non avesse avuto un piano: di impedire che il leditore (gli agenti della Polizia: invero preceduti, almeno temporalmente, nell’ “incontro” con Cucchi, dai Carabinieri, subito dileguatisi, tuttavia, dal processo), potesse rispondere della morte del leso, e di porre (esclusivamente) i medici a rispondere d’essa?

ora, al bonario e paterno e didascalico, verso Ilaria Cucchi, dr Spataro (invero, uno dei primi escogitatori della categoria probatoria dei “pentiti”, nei processi “ai terroristi”), ella, opportunamente guidata, potrebbe domandare:

in quella imputazione (della quale egli, pur così loquace, tace completamente), potrebbe ravvisarsi “dolo” (di cui invece parla, tuttavia riferendolo, forse per deformazione professionale, a fatto penale, mentre, nella legge sulla “responsabilità civile” del magistrato, è riferito al fatto civile: dolus malus ), o al meno “colpa grave”, del suo artefice? Ed inoltre: se essa (imputazione) avesse cagionato danno civile (a “i Cucchi”) che sarebbe di costui?

Ed il dr Spataro, opportunamente “tallonato” perché smettesse di fabulare (sulla non intoccabilità…sulla responsabilità giuridica e disciplinare, del magistrato, su quant’altro) ad un’ingenua ascoltatrice, risponderebbe:

che il magistrato è totalmente irresponsabile civilmente, come i più alti funzionari dello Stato (dal presidente della repubblica, al presidente del consiglio dei ministri, ai parlamentari, immuni penalmente non civilmente), non lo sarebbero (mentre lo sarebbe “il sommo pontefice”):

egli (di fatti) non è convenibile in giudizio civile, per lui lo sarebbe solo il presidente del consiglio dei ministri, questi, a sua volta, potrebbe esserlo se e dopo che (e a processo, dell’illecito del magistrato, portato fino all’ultima impugnazione possibile) un tribunale (sempre di magistrati) lo ammetta; e, quando fosse condannato (al risarcimento del danno), potrebbe (non dovrebbe) rivalersi sul magistrato , ma per un indennizzo che non superi il terzo di una sola annualità stipendiale (jus singulare perfetto, per chi giustifichi la propria “missione” con la soggezione di tutti alla legge eguale, e a lui);

anzi, a ben vedere, il magistrato sarebbe più irresponsabile del “sommo pontefice”, perché, mentre questi è immune da qualunque sanzione da illecito che, tuttavia, commetterebbe, quegli è incapace di illecito, se (ancora per la legge suddetta), mai potrebbe commettere illecito la attività di interpretazione della legge (quella, ad es. del contenuto penale e processuale della imputazione), la attività di valutazione (ricostruzione) del fatto (quella, ad es, del morto- vivo sopra vista), la attività di valutazione delle prove (quelle che avrebbero condotto a ben altra ricostruzione del fatto, del reato e delle reità, a ben altra imputazione);

e poiché , per quanto fatichi, la mente non riuscirebbe a negare che, dette attività, integrino tutta la attività, del magistrato, è certamente vero che egli, perfino più del sommo pontefice, è irresponsabile, (addirittura) perché mai versante in illecito (civilmente), perché, cioè, tutto (gli) è lecito.

A questo punto dell’insegnamento, Ilaria Cucchi oramai istruita, potrebbe, tuttavia, domandare:

ma tanta irresponsabilità vale anche se il magistrato abbia commesso reato (per es. di abuso di ufficio, ex art 323 cp, nella violazione delle leggi della imputazione, al fine di avvantaggiare o di danneggiare talun accusato)?;

ed il dr Spataro (che si fosse liberato dell’equivoco sul dolo, che ha riferito alla responsabilità penale equiparata, forse per brevità, a quella civile), direbbe (egualitariamente orgoglioso) che non vale (invero, nel processo penale per il reato del magistrato sarebbe possibile essere parte civile secondo le leggi comuni);

ma non mancherebbe di aggiungere che, reati e rei, li colgono ed agitano, esclusivamente, i magistrati- procuratori della repubblica, e li giudicano esclusivamente i magistrati- giudici (pur se tralascerebbe, che anche per ciò, essi, non furon “separati”).

P.Diaz

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