Sfregiato e beffato il “bronzo di Riace”. Ma disapplicata una norma.

1. Lo splendore anatomico dei Bronzi di Riace pare essere stato profezia e metafora dello splendore sociale del sindaco di Riace, colui che mostrò che l’ “aiuto a casa loro”, dei fuggitivi dal male politico (assoluto) del quale gli oppressori cosparsero le loro terre, poteva darsi “a casa nostra”, calando fra le due “case” scambi culturali vicendevoli. E in tale splendore, Lucano (“luce dell’alba”, d’altronde) ha cesellato l’opera più fine, la retroversione della parola penale “favoreggiamento”, dell’ “immigrazione clandestina”, in quella civica di “favore”.

Una inversione che riportasse al passato. Se non a quello della “monarchia fascista” (della legge “di pubblica sicurezza” dell’anno 1931) che, invero, ignorava il termine, e tanto meno lo rendeva reato, almeno a quello della legge (n.943/1986) della “repubblica” che, deliberatamente, istituì e regolò, assai stimandolo, l’apporto socioeconomico dei cittadini di altri Stati, degli stranieri extracomunitari, a questo Stato. Irrigidendosi appena con chi compi(sse), in violazione della legge, attività di intermediazione di movimenti illeciti o comunque clandestini di lavoratori migranti… o impieg(asse) lavoratori immigrati extracomunitari in condizioni illegali al fine di sfruttamento (punendoli con la reclusione da uno a cinque anni. E punendo il datore di lavoro che occupasse alle sue dipendenze lavoratori immigrati extracomunitari sprovvisti della prevista autorizzazione al lavoro, con un’ammenda da lire 500 mila a lire 2 milioni e, nei casi più gravi, con l’arresto da tre mesi ad un anno). E disinteressandosi di altri atti, in favore della immigrazione.

O che, se non a quello, riportasse al passato della legge “Martelli”, che, favorendo l’immigrazione al pari della precedente, ritenendone il valore di scambio culturale, dopo quello del soccorso del bisognoso o dell’asilo del fuggitivo o del rifugio del perseguitato, tuttavia colpì anche “attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri…”).

Nondimeno facendolo con leggerezza (art 3 comma 8 L. n. 39/1990: pena fino a due anni di reclusione, fino a sei se, in vario modo, aggravata).

1.1 L’atmosfera incupì pesantemente all’avvento di un imprenditore vorace, di caterve di suoi seguaci, di loro capziose propagande per inconscio e conscio popolari. Giunto apposta per condurre al potere legislativo e governativo, oltre sé stesso (impasto di interessi materiali), il neofascismo finiano ed il neorazzismo (esterno e interno…) bossiano.

Due concezioni del mondo eliminative con la forza, anziché intermediative con la ragione, del sociopoliticamente non concorde o discorde o avverso. La seconda protesa fino al diverso per razza o altro distintivo.

1.2 Esse esordiscono col “Decreto Dini” (D.L. 18 nov 1995: dal nome di un membro del nuovo potere politico), che, sia pure per soli sessanta giorni (entro i quali non fu convertito in legge dal Parlamento), interpolando la legge Martelli, istituì (art 7 ss):

espulsione come misura di sicurezza; espulsione come misura di prevenzione; espulsione a richiesta di parte; espulsione per motivi di sicurezza; provvedimento amministrativo di espulsione.

Insomma, un apparato giuspoliziesco di espulsione dello straniero (che è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza, salvo che, a sua richiesta…), che marca subito la tendenza alla inversione della filoxenia (amicizia allo straniero) in misoxenia (inimicizia ad esso).

Fino alla sevizia della persona. E di fatti, lo straniero trattenuto in attesa di ammissione o di espulsione, che si allontani “dall’edificio o dalla struttura” che lo contengono è punito con la reclusione fino ad un anno. E lo straniero che essendo stato espulso fa rientro nel territorio dello Stato o vi si trattiene senza autorizzazione è punito con la reclusione dai sei mesi a tre anni.

Insomma l’essere straniero (extracomunitario ma della specie degli ultimi o degli oppressi) nel territorio dello Stato è passibile dell’afflizione corporale carceraria.

Ciò ne mostra la nuova visione ufficiale, e quella popolare al seguito.

1.3 L’assetto sociale e culturale sarà così fortemente inciso da quell’approccio, che la spinta sarà agevolata e potenziata da politici di (apparente) opposta ispirazione, quelli della legge “Turco-Napolitano”.

Che, perseguito il favoreggiamento non solo dell’ingresso, ma anche della permanenza, dello straniero, nel territorio dello Stato e ricopertolo, (quasi esclusivamente) nella persona del cittadino dello Stato, di carcere fino a dodici anni, di arresti perquisizioni sequestri intercettazioni interrogatori; di vituperi dei suoi diritti e doveri costituzionali di solidarietà sociale (art 2 cost.) e di rispetto dello straniero (art. 10 cost); pervertiti rifugi e asili in centri di detenzione (eufemizzati: “centri di permanenza temporanea”) di incolpevoli di qualunque reato, di innocenti a priori: riattualizzerà puntigliosamente la persecuzione penale dello straniero scaduta, quella del “Decreto Dini”.

E’ il 1998, è la legge n. 40 ed D.Lgs n. 286. E “la sinistra”, in via di principio antifascista e antirazzista, in via di prassi coltre mimetica di neofascismo e neorazzismo (in materia, ma non solo). Lo straniero extracomunitario non più hospes(amico) ma hostis(nemico) esterno alle porte, ne è respinto. E chiunque al di qua ne agevoli l’avvicinamento o l’ingresso o la permanenza , è nemico interno che la repubblica (“antifascista”) persegue brutalmente. Con ciò, lo “statale” disprezzo dello straniero tiene in simbiosi il disprezzo del cittadino (o di chiunque altro lo imitasse). Insieme al ferimento letale dell’uno e dell’altro. Insieme al misconoscimento dell’umanità dell’uno e dell’altro.

1.4 Tanta degenerazione nazionalistica, neorazzista, tanta demonizzazione della minima ombra d’intesa fra cittadino e straniero sul “patrio suol”, fatalmente concepirà ed istituirà un fronte più avanzato.

Da un lato, la caccia al migrante in (sospetto) avvicinamento via mare. Ovunque sia, anche in acque non territoriali, la nave italiana in servizio di polizia (come quella della Marina militare), che incontri… una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato.(art. 9 bis L. n. 189/2002): nave che batta la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.

Da altro lato il respingimento del cacciato, da acque extraterritoriali al paese di origine in base ad accordi bilaterali fra Italia e altri paesi, ad esempio quello con la Libia di Gheddafi nel gennaio 2009 (per evitare che i barconi attracchino al suolo italiano l’identificazione degli aventi diritto all’asilo o altro avviene in mare, sommariamente, col rischio di respingimenti alla cieca in violazione dei diritti del richiedente….);

1.5 Fra i due lati, la tensione smaniosa alla trasformazione dell’immigrato in reato (colui che, espulso dal territorio dello Stato… vi rientri è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno. E nel caso di espulsione disposta dal giudice, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Colui che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore…. è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno. Lo straniero riespulso che sia trovato nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Peraltro, è per lui preparata “la costruzione di nuovi centri di permanenza temporanea e assistenza…” e gli sono imposti “rilievi dattiloscopici” (prelievo di impronte digitali” e loro registrazione) alla prima apparizione nel territorio, immobile o mobile (navi aerei etc) dello Stato.

1.5.1 E’ la legge Bossi-Fini (secondo Governo Berlusconi), che fermando l’immigrazione fin da luoghi non statali, rigettandola nei paesi d’origine affinché torni ai mali assoluti dai quali fuggiva; reificando (trasformando in cosa ed in reo ad un tempo, si noti la congiuntura semantica) il migrante che si ostini a fuggire; perpetrando la più profonda degradazione socioeticopolitica dell’essere umano:

ben occulta (strategicamente) l’abiezione dei due promotori (qualche anno dopo saranno colti, il primo, ad appropriarsi fraudolentemente del fondo elettorale parlamentare; il secondo a mercanteggiare la propria funzione legislativa con un tenutario di giochi d’azzardo).

1.6 Tale depravazione culturale non potrà che condurre all’estremismo persecutorio della legge n. 94/2009 “Maroni-Alfano” (terzo Governo Berlusconi), che esasperasse la reificazione del migrante:

fin dal primo ingresso nel territorio dello Stato, il suo corpo è reo, è “corpo del reato”; entro esso non c’è umanità ma reità.

1.6.1 Da tanto abominio penalistico si era ritratta perfino la taterschuld(la colpa d’autore) della strafrecht (il diritto penale) hitleriano (essa di fatti pretese che l’essere umano fosse reo in quanto autore morale, oltre che materiale, di sé). E’ introdotto il reato di clandestinità: ogni straniero irregolarmente presente in Italia rischia una pena detentiva anche da uno a cinque anni. Inoltre, l’essere clandestino aggrava la pena dei reati che commettesse, ed aggrava le pene (già micidiali) di coloro che ne favorissero l’ingresso o la permanenza. I Centri di Permanenza Temporanea (CPT) sono rinominati Centri di Identificazione e Espulsione (CIE). L’evoluzione giuridica è nel fatto che, stavolta, detengono rei.

Insomma

1.7 Lo xenocidio in spoglia giudiziaria col civicidio (del cittadino che lo avesse minimamente ostacolato), sono compiuti: ma quali “crimini contro l’umanità”.

2. Ebbene, questo orroterrore legislativo di grandezza siderale, toccante vertigini di leggi razziali da Shoah e da Pogrom, ha accerchiato Riace, la sua comunità multietnica, la sapienza combinatoria, umanitaria e civica, del suo sindaco.

E così un membro della magistratura, intercettato, in Riace, un matrimonio favoreggiatore della permanenza in Italia di una immigrata (prima che si perdesse fra marciapiedi e alcove d’albergo), chiede ad un suo collega l’arresto del celebrante, il sindaco, e lo ottiene.

Ineccepibilmente, dinanzi alle disposizioni penali sul favoreggiamento dell’immigrazione sopra viste. D’altronde, il reato è tenuto apposta indeterminato, affinché sia incontrollabile il potere determinativo di polizia e di magistratura, pur se a dispetto del dettame giuridico di controllabilità legale d’esso (per di più sorto dalla consociazione legislativa neofasciorazzista Dini-Turco-Napolitano-Bossi-Fini-Maroni-Alfano).

E con esso L. D’Alessio, procuratore della repubblica nel distretto più giudiziariamente martoriato d’Italia (e forse del Vicino Oriente), ha perpetrato voluttuoso lo sfregio di Riace e del suo Bronzo: imparassero a non sfidare la prepotenza giuridica della quale comunque è funzionario.

2.1 Ma se era prevedibile lo sfregio, non lo era la beffa, più deturpante e sanguinante.

Impugnato dalla difesa di Lucano il suo arresto a domicilio davanti il “tribunale della libertà”, questo non lo revoca ma lo sostituisce. Come? Con l’obbligo di autopresentazione intermittente negli uffici di polizia, o altro? Niente affatto. Lo sostituisce vietando al cittadino residente e sindaco di Riace di dimorarvi. Cioè di amministrare i cittadini che lo hanno voluto, gli stranieri che ha ospitato, la comunione fra essi che ha conquistato, la opposizione alla separazione che ha ingaggiato, l’antirazzismo che ha praticato, l’insegnamento che ha emanato, l’esempio che ha dato.

Si potrebbe domandare:

ma se il tribunale avesse perseguito questo scopo, non sarebbe bastata la sospensione del sindaco dalla carica (sospensione penale, compatibile con quella amministrativa già disposta dal prefetto, e indipendente dalla sorte di questa)?

No, non sarebbe bastata alla estirpazione del seme, alla sterilizzazione della semina antirazzista. Il bando di Lucano dalla sua terra avrebbe ripudiato simbolicamente, ritualmente, la sua opera. Infamandola, per colmo della beffa, la compagna di Lucano, T. Lemlem, già obbligata a dimorare fuori Riace ove era arrestato Lucano, allontanatone questi, dovrà tornarvi..

Senonché

3. Il dr. D’Alessio, “gettata una bomba su Riace” (lo avrebbe ammesso o vantato?) ha filosofeggiato, spiegandosi, che “il fine non giustifica i mezzi”: iI fine di salvare dalla prostituzione stradale una immigrata non giustificava il favoreggiamento della sua permanenza (nel territorio dello Stato).

Ora a parte che, ditterio per ditterio, egli incarna un funzione ove per principio “il fine giustifica i mezzi”:

il fine della giustizia (fiat justitia: sia fatta giustizia) non solo nella iperbole (et pereat mundus: accada quel che accada) autorizza ogni orrore e disastro. Per legge e per prassi, la giustizia penale procede schiacciando (si sono viste all’opera, sub 1, l’una e l’altra..) ogni diritto personale e reale del perseguito, perfino consumando reati (di sequestro della persona, di violazione del suo domicilio, della sua corrispondenza e comunicazione, del suo avere, di suo maltrattamento, di lesione della sua mente e del suo corpo, di induzione al suicidio -una settantina all’anno- e cosi via). Reati che non punisce solo perché ha il “potere-dovere” di consumarli, perché “scriminati” (art 51 cp).

3.1 A parte ciò, si diceva, il detto del dr D’Alessio, in diritto, è gravemente errato, perché lì “il fine giustifica i mezzi”:

basti pensare che se taluno, al fine di difendersi da una offesa solo supposta e in fatto inesistente, si difenda offendendo, è giustificato, non è punibile. In forza del fine prefisso, appunto (art 59.4 cp).

O pensare che se taluno, commettendo un reato avesse un fine diverso da quello che lo costituisce (dolo specifico), è giustificato, non è punibile (perché solo agendo al fine voluto dalla legge lo sarebbe: art 43.1 cp).

Dunque il dr D’Alessio che filosofeggia, in diritto è in torto.

Tanto più deprecabilmente, rimproverabilmente, inaccettabilmente, se fosse in torto nella materia, di Riace, che ha osato maneggiare.

3.2 Ove l’art. 12 (del corpusneofasciorazzista D.L.vo 289/ 1998 sopra visto) impianta due cause di giustificazione del reato di “favoreggiamento della immigrazione”:

quella di cui all’art. 54 cod. pen, per cui, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. La disposizione si commenta da sé, salvo precisare: che il pericolo che taluno si prostituisca è pericolo di danno grave alla persona, giacché è delitto contro la persona quello che abbia ad oggetto la prostituzione. Che esso, incombente sulla sposa del matrimonio celebrato da Lucano, non era altrimenti evitabile. Che il matrimonio “favoreggiatore” fu senz’altro proporzionato al pericolo.

E quella di cui allo stesso art 12, per cui non costituiscono reato le attività di soccorso e di assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato…… Anche questa “causa di esclusione del reato” si commenta da sé. Salvo precisare che sia il soccorso latamente inteso, sia la assistenza umanitaria, sono certo capaci di recepire contenutisticamente il bisogno, per la sposa, del matrimonio che la sottraesse alla prostituzione.

3.3 E comunque, si ricorda quanto sub 3.1, che se Lucano avesse supposto esistenti pur inesistenti condizioni delle cause di giustificazione, egli non sarebbe punibile.

Ebbene

4. Ignoravano il dr D’Alessio, i colleghi dell’ufficio gip e del tribunale, che per art 273 comma 2 procedura penale, risultando il fatto compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità, non era permesso arrestare Lucano?

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