La nozione “editorialistica” dell’avvocatura…

Non so da quale vocabolario, la entità esemplarmente rustica, dal “guanciale” eccedente che si affanna a placare con penose barbette; il precettore televisivo di “faziose” notti di fine settimana, querulo, petulante, impancato a censore del costume sociale (più futile, alla sua portata); non so, dicevo, da quale vocabolario abbia tratto che, “infame”, significherebbe “faticoso, difficile, per stomaci forti” ( anziché, turpe, comunemente disprezzato, o sinonimi…).
Mentre so che, per quella informazione lessicale, falsa, egli è un mentitore.
E che, se da questa qualità perviene quella di codardo (non ha il coraggio della responsabilità delle proprie pubbliche eiezioni), da ciò che la ha indotta, la denominazione dell’“avvocato..infame”, sgorga quella di completo analfabeta in sapere giuridico-giudiziario.
Per il quale, perfino “un lungo stato di alterazione febbrile…di ottundimento…”, come quello ove, egli, avrebbe elucubrato “l’avvocato difensore…(che) è mestiere“ (per inciso: la persona è una cosa? In questa cosificazione, dell’avvocato, e nella scempiaggine sintattica retrostante, si annida un lapsus, del convincimento intimo del locutore ?); perfino quello stato, dicevo, sarebbe idoneo, sia a “gravemente scema(re)”, essendo una “infermità”, la “capacità di intendere e di volere”: senza tuttavia escludere la condanna la colpa la pena, solo diminuendo questa, come da art 89 cp; e poi, comunque, aggiungendo una “misura di sicurezza” (che, se detentiva, come nel caso Rosboch, comporterebbe una restrizione della libertà personale senza limite di tempo, essendo, la misura, rinnovabile all’infinito, fino che cessasse la “pericolosità sociale”: artt. 203, 207 cp).
Sia a fare ciò, dicevo, che ad escludere quella capacità, potendo suscitare, quello “stato”, “infermità” acuta, della mente: senza tuttavia escludere il delitto, la illiceità penale (tanto meno quella civile, per cui sarebbe sempre possibile il risarcimento del danno, per l’offeso o i suoi successori), la misura di sicurezza (astrattamente, sine die, come l’ergastolo, cennavo); ma solo la pena carceraria (che, chi avesse minima nozione dei rigori di talune mds, potrebbe preferire).
E l’avvocato che, nella sola probabilità dello stato psichico predetto, non sollecitasse quella (parte della) legge penale, (allora si che) sarebbe (professionalmente) “infame” ; e inoltre “infedele patrocin(atore)”, reo ex art 380 cp, dell’affidato.
Pur se fosse ignorante d’essa tanto quanto (benchè improbabilmente) il “giornalista”.
Il quale ignora, inoltre, che, di quella parte della legge penale ( che reputa vantaggiosa), egli stesso potrebbe avvalersi, ove fosse processato per diffamazione aggravata dell’avvocatura (se commessa, come riferisce, in “un lungo stato di alterazione febbrile…di ottundimento…”).
Nel suo caso, peraltro, a differenza di quello nel quale con tanta improntitudine si è intruso, la “capacità di intendere e di volere” potrebbe essere esclusa anche da “rusticitas”, da alienità alla civiltà giuridica.
Ed anche da alienità alla realtà sociopolitica (elementare), che senza l’avvocatura, civile penale amministrativa tributaria costituzionale internazionale sovranazionale privata pubblica centrale locale, l’avvocatura titolare universale della difesa dei diritti offesi, avrebbe il suo volto…
P. Diaz

Scusate il disturbo

27/02/2016
MASSIMO GRAMELLINI

Tra i vantaggi di un lungo stato di alterazione febbrile c’è la possibilità di accedere in condizioni di beato ottundimento alle delizie della tv del pomeriggio, inesausta spacciatrice di stimolazioni sul delitto della signorina Rosboch. Nulla ci è stato risparmiato, neppure la richiesta di seminfermità mentale per l’ignobile adescatore di professoresse in cerca di forti emozioni. Costui sarebbe già stato in cura da uno psicologo, ohibò. E la sua tendenza a rifarsi i connotati a ogni cambio di stagione lascerebbe intendere un disturbo di identità e un’indole fragile, doppio ohibò.
L’avvocato difensore dei colpevoli è mestiere infame che costringe a qualsiasi genere di arrampicata sui muri ospitali della legislazione italiana, ma stavolta l’impresa risulta particolarmente improba. Un ingannatore seriale tutto può essere tranne che matto. Un manipolatore inesausto di uomini e donne tutto può essere tranne che matto. E un ragazzotto ancora implume che ha la lucidità di individuare signore fragili, il talento nel sedurle e la ferocia nel piegare il loro bisogno d’affetto ai propri fini tutto può essere tranne che matto. Intorno a questo Gabriele Defilippi si sta però mettendo già in moto il frusto copione di troppe tragedie nostrane: il tentato suicidio dimostrativo, il desiderio conclamato di farla finita, lo scaricabarile sul complice. Aspettiamoci un secondo tempo a base di pentimenti e ravvedimenti miracolosi, per la gioia delle immancabili fan. Se non riescono prima a farlo passare per matto, col tempo diventerà un divo.

http://www.lastampa.it/2016/02/27/cultura/opinioni/buongiorno/scusate-il-disturbo-wmJSJDFvePhOUGj4tj34eN/pagina.html

PRECISAZIONE
Nel Buongiorno di sabato scorso, in riferimento alla richiesta di seminfermità mentale per il ragazzo accusato dell’omicidio della professoressa Rosboch, avevo scritto che difendere degli evidenti colpevoli è spesso un mestiere infame. La parola “infame” era intesa naturalmente nel senso di “faticoso, difficile, per stomaci forti”. Qualche avvocato penalista l’ha presa invece come se avessi inteso dire che consideravo “infamante” il suo indispensabile lavoro. Lungi da me un simile pensiero. In venti righe si corre spesso il rischio di essere equivocati. Spero che adesso sia tutto più chiaro.

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