Costretta a 24 giorni di ingiusta detenzione una 45enne malata di Aids: lettera denuncia al ministro

da una notizia pubblica il 02/08/2010 sul sito www.riviera24.it :

“Una lettera al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per denunciare un episodio di malagiustizia con protagonista un’imperiese di 45 anni, M.B., costretta a subire 24 giorni di carcere, malgrado fosse malata di Aids, epatite C e altre patologie e malgrado fosse stata condannata, in contumacia, a 6 mesi di reclusione per molestie, senza poter partecipare al processo, perche’ la notifica dell’udienza e’ avvenuta quand’era in ospedale, cosi’ come la notifica dell’esecuzione della pena, avvenuta via posta, con lei sempre in ospedale. Promotore di questa denuncia e’ l’avvocato Mario Leone, di Imperia, che in questo modo ha inteso evidenziare una lunga serie di mancanze della Giustizia, legate alla medesima vicenda.

Investita sulle strisce, il 23 dicembre del 2009, la donna riporto’ una frattura biossea della tibia e della gamba destra; una contusione polmonare con fratture costali, un pneumotorace con versamento idrico e pleurico e altre patologie (tra cui un’enterite da clostridium difficile) – dovute in gran parte alle sue pregresse malattie – che la costrinsero a una lunga degenza in ospedale. Dimessa il 19 aprile del 2010, fini’ piu’ volte in ospedale. L’ultima, il 22 giugno scorso. L’8 febbraio 2010, tuttavia, avrebbe dovuto comparire davanti al giudice Emilio Varalli, di Imperia, a un processo per un vecchio caso di molestie, risalente al 26 novembre 2006 e riguardante una lite con la titolare di un ristorante.

Trovandosi in ospedale, pero’, la donna, ignara dell’udienza, venne giudicata in contumacia e condannata a 6 mesi di reclusione e 200 euro di ammenda. La sentenza, notificata a mezzo di postino e non tramite l’autorita’ giudiziaria, e’ diventata esecutiva ed e’ cosi’ scattato l’ordine di carcerazione, eseguito la notte del 2 luglio scorso. Malgrado fosse gravemente malata, il giudice ha chiesto alla Polizia di eseguire l’ordine e la donna e’ stata portata presso la sezione femminile del carcere di Pontedecimo. Nel frattempo (parliamo del maggio scorso) il suo avvocato presento’ alla Corte di Appello, di Genova, un’istanza di remissione in termini, per l’impossibilita’ dell’imputata di partecipare all’udienza per molestie, dovuta al fatto che era in ospedale.

Istanza che e’ stata accettata soltanto, il 29 luglio scorso e grazie alla quale l’imputata e’ potuta tornare a casa, sebbene in pessime condizioni di salute aggravate dalla detenzione in carcere. ‘Contestiamo il fatto che la notifica della sentenza sia avvenuta via posta e non tramite autorita’ – spiega l’avvocato Leone – ma contestiamo anche il comportamento del magistrato di sorveglianza che ha voluto tenere in carcere una donna malata di Aids e altre patologie. Senza contare che, giunta in penitenziario, gli agenti le avrebbero imposto di non riferire nulla, alle altre detenute, delle sue condizioni di salute, altrimenti sarebbe scoppiata una rivolta. Proprio per questo motivo l’avrebbero segregata in una cella, senza neppure farla uscire per l’ora d’aria, altrimenti avrebbe potuto parlare. Inoltre, per tenerla buona, l’avrebbero sedata con potenti psicofarmaci, senza farle seguire come si deve la sua terapia. Al momento di portarla in carcere e di scarcerarla, inoltre, non hanno neppure voluto chiamare un’ambulanza, nonostante non si reggesse in piedi’.

Dal carcere di Genova, la donna e’ uscita in stampelle ed e’ dovuta andare alla stazione di Pontedecimo, in taxi, a proprie spese. E’ cosi’ tornata in casa, per finire di nuovo in ospedale. ‘Vogliamo che il ministro Alfano – ancora l’avvocato Leone – faccia luce su questa vicenda che non onora la Giustizia italiana’.

di Fabrizio Tenerelli ”

…tuttavia il postino ha cercato l’accusato, per notificargli l’inferno giudiziario, ma con l’uso che fanno i giudici, oggi, dell’art. 157 bis cpp, avrebbe potuto cercarlo nessuno, essendo stato, da quella norma (fatta su richiesta irrespingibile della magistratura) in quella prassi (promossa e battuta invariabilmente seguita dalla magistratura), incorporato l’accusato nell’avvocato, notificandosi a questo per quello, ignorandosi processualmente, tamquam non esset, come se non fosse, quello, se non avesse nemmeno il diritto di sapere come e perché la magistratura gli distrugge la vita… notificandosi all’avvocato per l’accusato anche se fosse stato revocato o avesse rinunciato, come tale, o come se avesse il dovere (legalmente inesistente) di fare lui a sue spese il messo notificatore, o, peggio, il nuncius dominicus, il messaggero dei capricci o dei castighi del padrone, o, peggio, della sua fine.. …

Questa voce è stata pubblicata in blog, tribunale repubblicano. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.