COMMENTO, SU IL RIFORMISTA, AD UN SUO ARTICOLO SULLA DISSIPAZIONE DALLO STATO DEI PATRIMONI CONFISCATI AI MAFIOSI E SULLA DISTRUZIONE CIVICA ( E FISICA) DEI CONFISCATI (SOVENTE GIUDIZIALMENTE INACCERTATI COME MAFIOSI)

L’istituto delle misure “antedelictum” risale all’ottocento, regola misure personali, di polizia, e ha ad oggetto “oziosi e
vagabondi”.
E’ quindi un istituto classista, impersonato dall’Esecutivo (Polizia) che non rinuncia ad avere potere di coercizione personale stabile, pari a quello che ha il Giudiziario, ma “postdelictum”.
L’istituto lo sostiene lo Statuto Albertino (1848-1946) e la Costituzione, anticlassista, parrebbe implicitamente abolirlo.
Ma esso è ripreso nel 1956, in periodo democristiano, evidentemente insensibile al suo classismo quanto sensibile alle pretese dell”Esecutivo, voglioso delle sue precedenti prerogative.
Sopravvive davanti la Corte Costituzionale alle eccezioni di illegittimità, si dilata soggettivamente (1965, 1982) fino ad investire i sospettati di mafia.
E quando si avvede che, questi, hanno capacità patrimoniale (a differenza dei soggetti tradizionali), nel 2011 ( e prima nel 1982) organicamente, alle misure personali affianca misure patrimoniali, la confisca.

Ebbene, è ipotizzabile che questo passaggio ne marchi (culturalmente) un altro:
dal classismo a fondamento personale, al classismo (discriminazione su base etnica) a fondamento patrimoniale.
Perchè non dissimile, essenzialmente, da quello agente sui “ricchi” ebrei durante la persecuzione fascista: mediante la confisca dei beni.
D’altro canto, anche nel postdelictum, il trattamento penale della mafia, oggi, non pare avere molto differente matrice culturale:
il reato di associazione mafiosa persegue esclusivamente uno stile di vita, il “tipo mafioso” d’essa (una etnia, in sostanza). Persegue rei senza reato (che non sia quello di associazione).
pietro diaz

Questa voce è stata pubblicata in frammenti, Prima Pagina. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.