CAUSALITA’ O CASUALITA’ NELL’AZIONE GOVERNATIVA ANTIVIRUS? E NELLA REPLICA DEI VIROLOGI AL CAPO DI UN PARTITO AL GOVERNO?

“Morti e Positivi” con Covid 19 non si arresterebbero, aumenterebbero, dicono i resoconti ufficiali….

Mentre dalla prima decade di marzo la popolazione è chiusa nei suoi alloggi (con eccezionali permessi di uscita) e le attività economiche e sociali (eccetto quelle di produzione o smercio di beni “di prima necessità”) sono inibite.

Ora

1. Dato che chiusure e inibizioni furono indirizzate ( causalmente: di ciò che è idoneo a determinare qualcosa) a “contrastare o contenere” (così i dpcm seriali) affezioni da virus, le quantità in premessa ne indicano inadeguatezza all’effetto mirato?

Si, se questo sarebbe dovuto esserci già.

No, se sarebbe dovuto esserci più avanti.

2. Tuttavia, se la risposta è costretta ad essere ipotetica (e alternativa), ciò indica che sui tempi dell’effetto è mancata informazione.

E potrebbe indicare che è mancata la possibilità di darne, per ignoranza o scarsa conoscenza in tema.

3. Ma se niente o poco, dei tempi dell’effetto, se ne sapeva ( e se ne sa), fin dall’inizio avrebbe dovuto essere posta in questione e discussione l’efficienza delle misure.

Giacchè se non si sappia quando, l’effetto di una causa avverrà, potrebbe non sapersi se, avverrà.

4. D’altronde, (con dpcm 11 marzo) le misure applicate a Lombardia e Dintorni, in fiamme dai focolai di Covid 19, furono nazionalizzate e indifferenziate su un territorio (nondimeno) assai differenziato dai focolai. Assenti in più parti d’esso (almeno allora), o governabili con ben altre misure (identificazione e isolamento d’essi, isolamento attivo e passivo dei coinvolti) o ben meno invasive (isolamento attivo e passivo dei contattati dai coinvolti).

4.1 Le misure, per ciò, furono astratte dal concreto, tenute ignare del piano d’ azione, dei precisi obbiettivi da perseguire, dei mezzi per farlo precisamente.

Furono totalmente immeditate finalisticamente causalisticamente, deterministicamente (ciò che implica e studia la relazione causa-effetto, mezzo-fine).

Tanto che all’opposto

5. Misure indirizzate al “ distanziamento” al “disassembramento” all’”isolamento” , “sociali” – al contempo avversate dall’autorizzazione di numerose attività economiche e sociali! – hanno puntualmente “avvicinato” “assembrato” “accomunato”, chiudendo (sine die) le popolazioni entro recinti concentrici (dominiali condominiali rionali circoscrizionali municipiali comunali..,.), tanto (esponenzialmente) accumulativi quanto inespulsivi dei virus, (stavolta) a diffusione “ endemica” (non sopra, epì, ma en), dentro il popolo (si tace della manifestazione più acuta, incandescente, del fenomeno: le carceri, assembranti 60000 individui esclusi i carcerieri, peraltro in spola quotidiana con le proprie abitazioni…).

6. Pertanto – lo segnala anche l’or visto divario (al limite dell’aprassia) tra scopi, delle misure, dichiarati (sub 1) e scopi realizzati (sub 5), è totalmente mancata la calibratura dei mezzi ai fini, mancato lo studio della loro adeguatezza causale all’effetto atteso (necessità, continenza, pertinenza, concretezza… ).

Mancati, e sebbene fosse noto ove i focolai covassero, come fossero (tendenzialmente ma bastantemente) identificabili isolabili rintuzzabili, come fossero immunizzabili da essi (tendenzialmente ma bastantemente) territorio e popolazione restanti.

Cioè, sebbene nulla mancasse per appuntare misure che esplicassero il massimo contrasto nel massimo contenimento degli effetti collaterali, di compressione o lesione o soppressione delle restanti funzioni del Corpo Sociale:

fu divisato che i focolai fossero spegnibili spegnendo tutto.

Tutto, anche quanto avesse niente o poco a che fare con essi.

Tanta irruenza, nemmeno ha subodorato l’effetto opposto, che l’ammasso indifferenziato della popolazione, ammassando il virus, avrebbe (oltre che sparso: vd sub 5) occultato e disidentificato i focolai (e i coinvolti). D’altronde neppure ha accertato (che si sappia), pur potendo (ma forse ad evitare che apparisse quanto sub 5), se gli ultimi “positivi” salissero dalle clausure.

E ciò mentre altrove ( Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Veneto.. ), procedure serrate di identificazione isolamento dei focolai (e coinvolti) adottavano efficaci misure di contrasto.

7. Le quali di sé, peraltro, proponevano un “modello causale” (la “premessa maggiore” del ragionamento causale: ciò che permette di predire da quanto preceda quanto seguirà), da sé foggiato e catalogato, in assenza del quale l’agire è casuale.

Poichè quando nella previsione del susseguente dal precedente alcun modello inserisca l’effetto atteso, l’agire è tale, casuale. Irrazionale.

Ebbene, le misure italiane non solo ne hanno applicato foggiato pensato cercato, alcuno, ma, alla stregua dell’excursus espositivo dei loro presupposti e giustificativo delle loro ideazioni e applicazioni, come risultante nei dpcm del capo del governo e nei dl di questo, del modello causale non ne hanno supposto l’esistenza, tanto meno la possibilità ancor meno la necessità del suo impiego.

Ma a proposito

8. Recentemente, un gruppo di virologi e di epidemiologi chiamati (si è detto) a consigliare il decisore politico, è insorto contro il capo di un partito sostenitore del Governo, che aveva ipotizzato la modificazione delle misure adottate. Insorto agitando che, ciò, avrebbe cosparso di virus la popolazione.

Come ha ragionato causalmente?

Con una previsione “controfattuale”, di ciò che accadrebbe modificando le misure. L’operazione mentale per cui, assunto che esse abbiano prodotto l’effetto (di contrasto e contenimento del virus), si prevede che, se si modificassero, esso cadrebbe.

Senonché

8.1 A parte che l’effetto non c’è stato (per quanto riportato all’inizio di questo discorso, nella premessa).

E che quindi all’ operazione mentale è mancato un presupposto, ottenibile solo con altra operazione che lo simulasse (con rischio di avvitamento…).

Poiché è il modello causale che, permettendo di affermare: se c’è questo c’è quello (e viceversa), consente di affermare: se non c’e questo non c’è quello (e viceversa).

Poiché esso, insomma, sostiene il ragionamento causale positivo o negativo, reale o ipotetico:

come han potuto i virologi, sprovvisti del modello per il ragionamento causale “ fattuale” (vd sub 7), accreditare e contrapporre il loro ragionamento “ controfattuale” ?

pietro diaz

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