Pubblico ministero poliziotto e polizia giudiziaria segreta.

“… mi sono fidato dei miei uomini”, avrebbe detto Woodcock difendendosi dall’addebito di falsità ideologica commessa in concorso con un capitano dei carabinieri (subito dopo l’accusa promosso Maggiore…) e con un colonnello della stessa Arma, ma assegnato ai Servizi (“agenzia di informazione per la sicurezza esterna”).

Linguaggio “sportivo”, da questurino o carabiniere,  da assimilato a  questi, militaresco  e operativo.

Eppure sboccante da  un procuratore della Repubblica (fra i più celebrati), che “dispone direttamente della polizia giudiziaria” (art 109 Cost.) ma che non è polizia giudiziaria, dalla quale anzi è separato organicamente, perché Magistratura (artt. 101 ss Cost. ), non Governo (art 92 ss Cost.), e, quindi, culturalmente. E per ciò, ci si aspetterebbe, linguisticamente.

E la immedesimazione   linguistica implica  immedesimazione funzionale;  donde, “l’autorità giudiziaria” di cui all’art 109 cit. è semanticamente,  “autorità di polizia giudiziaria”. Questa ha progressivamente assimilato ”l’autorità giudiziaria”, e le ha trasmesso la funzione.

Né potrebbe opporsi che, il connubio di polizia e di pubblico ministero,  sia moderato, se non inibito,  dal giudice (“per le indagini preliminari” (art 328 cpp).

Sia perché giudice per, non del, le “indagini” dei predetti (la preposizione per  è,  dunque,  programmatica e rivelativa, e  a trent’anni circa dal suo esordio, diffusamente narrativa della   pressochè completa assimilazione del giudice ad essi). Sia perché, immedesimati polizia e pubblico ministero, immedesimato peraltro  già istituzionalmente questo al  giudice ( per la “unità delle carriere”), egli è immedesimato a quella.

Per cui, almeno fino alla fase procedurale  della conclusione delle indagini preliminari, lo “Stato di diritto” mediante quella  magistratura  è in effetti “Stato di polizia”.

Già  formalmente,  se,  e perché, ad essa è la polizia che fornisce  materia, dopo tutto. Ma anche sostanzialmente, se in polizia, oltre la commistione funzionale tra quella segreta e quella palese, benchè dal diritto pubblico  drasticamente esclusa (basti notare che è giuridicamente permesso alla prima ciò che alla seconda è vietato),   avviene commistione del vero e del falso (vd.le entrambe nel caso in parola). E se avviene in materia di fatti, si può facilmente  immaginare se accada in materia di diritto. In proposito,  gli  esempi che la dottrina del diritto penale potrebbe dare non avrebbero fine, tanto che solo in base al principio di autorità, abilmente  inoculato  nella opinione pubblica ( “…le sentenze non si discutono…” “…la decisione spetta alla   magistratura…”), essi oramai si accreditano  socialmente.

Insomma il  diritto giurisprudenziale, detto “vivente”, è pressochè ignoto, anzi contrario, al diritto vigente, pur parlamentare.  D’altronde, anche linguisticamente il più delle volte è diritto di  polizia.

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