PERSICHETTI STORIOGRAFO: TERRORISTA?


1.Patrick Zaki, dalla magistratura egiziana che ha favoreggiato gli assassini (di Stato) di Giulio Regeni, è accusato di “propaganda sovversiva e istigazione al terrorismo”.
Locuzioni (significazionalmente) aperte, a qualunque scorribanda interpretativa e assertiva, qualunque opzione applicativa, concepite e fatte apposta per permettere, le scorribande giudiziarie, l’esercizio del potere materiale dell’uomo sull’uomo, la simbolizzazione delle sovranità sociopolitiche assolute.
Ebbene, le medesime locuzioni infestano la legge penale italiana, esitata via via dalla stabile collusione (confusione!) tra potere giudiziario esecutivo legislativo.
Quindi, potrebbero, esse, non offrire le medesime aperture, non permettere i medesimi esercizi, le stesse simbolizzazioni?
Ne è esempio la vicenda di Persichetti, innescata dalla azione giudiziaria del piemme Albamonte.
Egli, brutalmente spogliato di ogni avere intellettuale, di ogni acquisizione materiale di una vita di storiografo, lo è stato poiché accusato di “associazione sovversiva finalizzata al terrorismo” e “favoreggiamento”.
E’ stato cioè assoggettato dalle stesse locuzioni qualificatorie, irretito dalle stesse maglie espressive.
2. Persichetti ha opposto che «non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete». Mostra tuttavia d’essere poco informato sullo stato giuridico dell’accusa.
L’associazione, il reato associativo, è stato storicamente ( affinato particolarmente dal diritto penale hitleriano!) concepito e applicato per reità esclusiv(issima)mente personale, non fattuale (a malgrado di artt 25 cost., 1 cp,, che la vogliono per un “fatto”).
Concepito e applicato per reità del reo in sé, perseguibile di per sé, della persona in sé, indipendentemente da qualunque sua “azione concreta”.
Ciò per consentire al suo funzionario di assoggettare chiunque per ( non altro che) il suo essere anagrafico (e “residenziale”, culturale).
E (cosi’ e finalmente) per (totalmente) esonerarlo dalla ostensione dell’”azione concreta”, adeguatamente provata, in processo!
2.1 Con un limite, a dire il vero: che il reo finalizzi alcunchè di malvagio. Che si dia un fine pravo (quello di “terrorismo” in specie).
Tuttavia, a ben vedere, è limite apparente, illusorio.
Sia perché , avendo consistenza mentale, è attribuibile metaempiricamente, incontrovertibilmente.
Sia perché è suscettibile di ogni illusionismo rappresentativo (Persichetti ha un passato di combattente politico, potrebbe non perseguire finalità di terrorismo?).
Reato di puro pensiero, dunque, quello in discorso. Anzi meno, perché reato del “reo malpensante”!
Ora
In siffatto diritto dello Stato, siffatto stato del “diritto”, è possibile che la giustizia penale italiana si differenzi (quantiqualitativamente) da quella egiziana?

pietro diaz

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