Il senatur…

Nella notte sull’11 marzo 2004 “umbertobossi”, “già barista, fattorino, installatore di antenne, impiegato all’Aci, supplente, infermiere, finto medico, cantante” (così lo qualificarono M. Travaglio, P. Corrias e Renato Pezzini, in L’Illusionista”: Chiarelettere) e allora “senatur” nel parlamento italiano, in situazione tuttora misteriosa (a casa con moglie e figli, in un Motel con una avvenente cantante?) ha una emorragia cerebrale, un ictus, che lo lascerà deforme zoppo ipocinetico ipofasico ipofonico, ebefrenico. Lo lascerà (irreversibilmente e completamente) privo di capacità naturale, della facoltà di agire finalisticamente, un grumo di materia umana: inerme e inerte.

La qualità di parlamentare dovrebbe essergli revocata, insieme a quella di rappresentante legale della Associazione “Lega Nord” Partito, e a quella di suo Capo politico (quest’ultima non per obbligo di legge, opta il partito se tenere a capo uno così).

Affinché agisse giuridicamente dovrebbe essergli nominato un tutore, previa interdizione giudiziaria.

Senonchè siffatta condizione sarà accuratamente dissimulata o taciuta, anzi ne sarà simulato l’opposto. Egli continuerà ad essere e più volte a divenire “senatur”, mediante falsificazione implicita della capacità di elettorato passivo (oltre che attivo), della sua eleggibilità al Parlamento. E con ciò della condizione del mantenimento dei privilegi economici sociali politici (esorbitanti), fino alla esplicazione della funzione legislativa!

D’altronde la condizione, benché tragicomica, propizia consenso elettorale, al Partito, e rimborsi elettorali (un euro a voto).

E propizia altro. La schermatura della direzione effettiva del Partito rispetto a sgradevoli conseguenze di sue imprese, se illecite (non solo civilmente o amministrativamente) penalmente, perché duramente responsabilizzanti.

Ad esempio (l’ultimo della serie invero) la frode sui rimborsi elettorali, generanti indebito lucro di cinquanta milioni di euro, secondo una sentenza di un tribunale della Repubblica (in Genova).

Rispetto alla trama decettiva, “umbertobossi”, incapace di agire neutramente, tanto meno era capace di agire delittuosamente, per frode, che richiede intelletto.

Quindi, solo per anteposizione della sua persona il delitto risultò opera sua.

Dovendo necessariamente essere opera altrui, di membri del suo “cerchio magico” (o di questo al completo), organizzati e uniti nella strumentalizzazione del povero decerebrato. Se una inquadratura penalistica d’acchito non potrebbe rappresentarli quali “associazione per delinquere” (art 416 cp), comunque li rappresenterebbe quali effettivamente delinquenti con la frode suddetta (art 640 cp). E impunemente e conclusivamente lucranti i rimborsi elettorali (il “cerchio” essendo frazione del partito loro destinatario).

Chi in proposito ambisse ad altra prova, di ciò, potrebbe utilmente notare che:

il suddetto non si difese, nessuno lo difese, opponendo al processo la sua condizione clinica. Eppure a colpo d’occhio egli avrebbe potuto anzi dovuto essere dichiarato penalmente incapace di intendere e di volere per infermità di mente (art 88 codice penale), dichiarato non punibile per tale causa e prosciolto (art 530.3 procedura penale). Se, prima, il processo non fosse stato sospeso per la incapacità dell’accusato di parteciparvi coscientemente (art 70 ss cpp).

Ma ciò non accadde perché, altrimenti, la investigazione giudiziaria avrebbe puntato alla ricerca degli autori della programmazione organizzazione cooperazione direzione effettive del reato (art 112 n.2 cp), li avrebbe trovati e incolpati. Incolpati ovviamente in concorso con l’allora rappresentate legale (formalmente impegnato) del Partito, Bossi, tuttavia non punibile ex artt. 88, 111.1 cp.

E chi ambisse ad ulteriore prova potrebbe utilmente notare che Salvini, al tempo del processo rappresentante legale di Lega Nord, obbligato giuridicamente a tutelarla poiché offesa dal reato (lo proclama oggi mentre questua inverosimili e implausibili colloqui col presidente della repubblica al fine di spiegargli che la sentenza disponente confische del profitto del reato sarebbe stata “politica”), omise di costituirsi parte civile, di svolgere accusa privata nei confronti dell’accusato. Perfino nei confronti di “Belsito”, (osceno) contabile della attività delittuosa della Lega.

Dunque il processo a Bossi “capace”, coprì altri interessi e interessati.

Ma per la fraudolenta comune acquisizione del profitto del reato, lui e non altri, lui pur non dovendo per infermità, va accumulando condanne a pena pesantemente detentiva: a Milano per appropriazione indebita, con i figli, di parte dei rimborsi, a Genova per truffa d’essi.

Risiedono qui la facinorosità l’efferatezza e l’abiezione degli “scagnozzi”.

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