18.10.16

Grasso

Il presidente del Senato della Repubblica, già procuratore nazionale antimafia, procuratore della Repubblica di Palermo e, prima, giudice “a latere” del “primo grande processo alla mafia”, “istruito da falcone e borsellino”(circa 460 accusati  dalla bocca di un “pentito”, Buscetta, fatta venire appositamente in Italia dagli USA); egli, alcune sere addietro, trasmesso da una radio nazionale, vantava,  non senza inflessione italosicula, che, quando, giudice del processo, vide che l’esame testimoniale di tutti gli inquirenti (imposto dal Codice, dalle Carte nazionali e internazionali dei diritti dell’uomo..) avrebbe richiesto un tempo superiore a quello della durata massima della carcerazione preventiva degli accusati; e che, per ciò, il processo si sarebbe tenuto “a gabbie vuote” (proprio così si è espresso, incurante di rivelare che genere di sentimento avesse avuto, degli accusati…), escogitò che le testimonianze si esaurissero nella semplice (domanda presidenziale e risposta testimoniale di) “conferma” della precedente dichiarazione istruttoria del testimoni (a dispetto della pubblicità dei processi, fondamento del controllo popolare, traverso integrale cognizione degli atti, della loro gestione).
E vantava che, quando vide che nemmeno questo espediente contraeva abbastanza il  tempo processuale, perché molto ne richiedeva la “lettura” pubblica delle dichiarazioni istruttorie (obbligatoria se non fosse stata rinunciata dalle parti, e gli accusati non vi avevano rinunciato), egli ottenne “dalla politica” (“diccippicci”, come nell’imperituro sarcasmo di Rino Gaetano…) “la legge” “Mancino-Violante” (il primo “avvocato”…il secondo magistrato infilato nel “legislativo”…), con la quale la lettura degli atti avrebbe potuto essere sostituita dalla  loro “indicazione” (presidenziale).
Ove, la insubordinazione della magistratura (precisamente del “giudice imparziale”) ad ogni legge tutrice degli elementari diritti dell’accusato; l’asservimento della “politica” a tanta insubordinazione; il concorso di entrambe alla offesa della legalità nazionale e sovranazionale (a pro’ di una volontà extraprocessuale contraria a quella processuale), bene rappresentano  lo “Stato di diritto” italiano.
D’altronde, in quegli anni ottanta, il peggio non era nemmeno cominciato…

Questa voce è stata pubblicata in frammenti. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.