…che gli avvocati scioperino è affare loro non di noi giudici…

La “normativa secondaria”, evocata dalla sentenza (SSUU 26711/2013 richiamata nella notizia), sarebbe dicibile “regolamento”? E, questo, avrebbe che vedere col “regolamento” la cui violazione integra (con altro) l’elemento oggettivo della fattispecie in art 323 cp? (Che vedere) con la violazione che, quando sia spinta “intenzionalmente” (come nella sentenza in commento traspare) ad arrecare ad altri un “danno ingiusto” (certamente, in specie, arrecato, poiché colpito un diritto oggettivo, del processo, e impresso, a questo, un esito – pur solo virtualmente – indipendente dall’esercizio fiduciario di quello), integra il delitto in art 323 cit.? Tanto più, se, ove, a norma del regolamento, il difensore non comparisse, non mancherebbe (semplicemente) “il difensore” (sostituibile e da sostituire, con altro “d’ufficio”, ex art 420.3 cpp), mancherebbe l’Ufficio di Difesa: uno dei tre costitutivi del processo…  senz’esso,  incostituibile?
pdiaz

sentenza Cass., Sez. II, 22353/2013

Il caso può essere sintetizzato come segue:

– un difensore assisteva in appello una donna già condannata in primo grado per estorsione e colpita dalla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla vittima;

-nel giudizio dibattimentale di appello (non abbreviato), il difensore aveva fatto tempestivamente pervenire alla Corte d’Appello la rituale dichiarazione di adesione all’astensione proclamata dall’Avvocatura, senza comparire all’udienza (ciò è consentito dall’art. 3 del Cod. di Autoregolamentazione);

– la Corte prendeva atto della dichiarazione e nominava un difensore d’ufficio, disponendo comunque la celebrazione del processo, “trattandosi di imputata sottoposta a misura cautelare”;

– non è dato sapere cosa abbia detto il difensore d’ufficio;

– la sentenza di condanna di primo grado veniva confermata in appello;

– il difensore presentava ricorso in Cassazione, rilevando la nullità della sentenza d’appello per violazione del diritto di difesa, per non essere stato concesso il rinvio in ragione dell’adesione all’astensione, posto che l’imputata non era in carcere, ma solo colpita da misura restrittiva meno afflittiva e non aveva comunque chiesto che si procedesse, neppure ai sensi dell’art. 4 del Cod. di Autoregolamentazione;

– ciò nonostante la Cassazione, in spregio ad ogni principio regolatore del diritto di protesta, oltre che delle Fonti di diritto, affermava che, “il giudice nel valutare le circostanze che, rendendo urgente la trattazione, impediscono l’accoglimento di una richiesta di rinvio del dibattimento motivata dall’adesione all’astensione (…), non è legato dai pricipi fissati dall’avvocatura per autodisciplinare l’astensione medesima, ma deve autonomamente procedere al bilanciamento degli interessi in gioco in quanto il Cod. di autoregolamentazione è un atto che vincola i soli associati;

come dire, insomma, che

siccome è dovere del giudice contemperare le esigenze di protesta di un’associazione forense con quelle dell’imputato al diritto ad un giusto processo e di speditezza della giustizia;

siccome, in pratica, nel caso di specie si trattava di una persona comunque limitata nella libertà anche se non detenuta, la quale aveva tutto il diritto di essere processata e condannata – presto e subito – anche senza il suo avvocato e anche se non lo aveva chiesto,

era, dunque, giusto processarla anche senza il difensore, perché quello era senz’altro il desiderio dell’imputata.

La violenza della forzatura giuridica contenuta in quella sentenza e l’evidenza del disprezzo della complessiva funzione dell’avvocatura anche in relazione agli atti regolamentari assegnati alla stessa dal Legislatore sono implicitamente riconosciute – peraltro inconsapevolmente – dalle stesse SSUU nella sentenza 26711/2013, dove si afferma che – considerato che, in base alla richiamata disposizione legislativa è stato adottato da parte degli organismi di categoria, il 4 aprile 2007, il Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, e che tale codice, con le modifiche apportate nel corso delle successive audizioni, è stato valutato idoneo dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con deliberazione del 13 dicembre 2007, la quale ha disposto la pubblicazione del codice stesso e della citata delibera sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito Internet della stessa Commissione; – considerato, dunque, che il codice di che trattasi assume valore di normativa secondaria alla quale occorre conformarsi.

La sentenza della II sezione sembra pertanto fare sfoggio di un esercizio muscolare-discrezionale che non solo non le compete, ma che piuttosto disprezza la funzione difensiva, pur evocando – peraltro in modo forzato e non pertinente – principi incostituzionali in apparente copertura a tale atteggiamento.”

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