…dal “test di verginità” dell’accusato, al “test di sessualità” sull’accusato…

Padre controlla verginità figlia?
E’ stupro. No punizioni invasive per i costumi disinvolti delle ragazzine.
07 maggio, 22:38

ROMA – Commette violenza sessuale il padre che vuole punire i ‘costumi disinvolti’ della figlia controllando, con le sue stesse mani se la ragazzina è ancora vergine. Lo sottolinea la Cassazione che ha annullato con rinvio la condanna a otto mesi di reclusione la condanna per il reato ’semplice’ di violenza privata, un padre che aveva inserito due dita nella vagina della figlia per verificare se avesse già avuto rapporti sessuali e per punirla, in questo modo, dei suoi comportamenti, col fidanzatino, giudicati troppo disinvolti dal genitore. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso della Procura della Corte d’Appello di Torino che insisteva per l’incriminazione del padre per l’imputazione di violenza sessuale anziché per quella di ‘violenza semplice’, ha sottolineato che i giudici di merito hanno sbagliato ad escludere la valenza sessuale del ‘test di verginita’’ dando rilievo “al contesto in cui l’atto sessuale é stato compiuto, dal quale si desumerebbe che fosse diretto ad umiliare la figlia nella sua leggerezza dei costumi”. Anche se così fosse – prosegue la Terza Sezione Penale della Cassazione con la sentenza 17542 – “ciò non escluderebbe la valenza prevaricatoria del gesto sessuale potendo l’intervento punitivo essere conseguito con modalità meno invasive della libertà di determinazione del soggetto passivo”. Ad avviso dei supremi giudici “con motivazione del tutto illogica si è ritenuto – da parte dei giudici della Corte di Appello – che nulla di libidinoso ebbe a stimolare l’imputato”.

Adesso la Corte d’Appello dovrà rivalutare il comportamento di Enrico M.V. (55 anni), il padre che una sera, quando la figlia (della quale non è specificata l’età), ritornò a casa un po’ più tardi del solito, continuando a stare al telefono col suo ragazzo, fu preso dalla rabbia “che la figlia fosse sessualmente disinvolta e per verificare la perdita della sua verginità, dopo averla denudata, aveva fugacemente introdotto le dita della mano nella vagina” della ragazza. Poi l’aveva sculacciata e si era ritirato in camera sua. Il fratello aveva sentito la sorella dire “ti denuncio”. Poi la ragazza si era data alla fuga e aveva contattato un maresciallo dei carabinieri e parlato con le amiche. In primo grado Enrico M.V. era stato completamente assolto. La condanna per violenza privata è del 17 giugno 2009. Il ricorso della Procura della Corte d’Appello era mirato contro la riqualificazione del reato che da violenza sessuale era stato ‘declassato’ a violenza privata. Ad avviso della Corte d’Appello il ‘test’ sperimentato dal padre era “una condotta priva di connotazione sessuale”. Secondo la Procura, invece, “nulla escludeva che il padre, sebbene fortemente contrariato dalla presunta disdicevole condotta della figlia, avesse agito per impulso sessuale che andava ravvisato anche in presenza dell’altra finalità di voler umiliare la figlia”. Questa tesi è stata condivisa dalla Cassazione.


….dal “test di verginità” dell’accusato, al “test di sessualità” sull’accusato…

da notizia Ansa, sopra richiamata:

una sentenza “di merito”, placidamente, nella mano del padre che rovista, torpido, in un recesso pudico del corpo della figlia, in cerca, ancestralmente superstiziosa, della sua “verginità”, vede “una condotta priva di connotazione sessuale”…

giusdice in buon assetto tecnico, parla di “condotta”….”sessuale”, (quasi) di “atti sessuali”, nome della (”condotta” della) fattispecie (in art. 609 bis cp), “lettera” delle legge, una ed una sola, veicolo ( e vincolo) della interpretazione “letterale”, ex art. 12.1 disp att, altrimenti debordante…

ed in buon assetto cognitivo:

se sessuali sarebbero gli atti (non solitari nè a distanza, ma) a contatto, tra (al meno) due persone (dello stesso o di diverso sesso), erotici (animati, se p.o. li “subi”sca, o anelati, se p.o. li “compia”, da eros, l’ “urente” degli “organi della riproduzione”), non esplorativi, nè similmente teleologici, quando non schiettamente ginecologici…

ebbene quella mano non li ha commessi…

una impugnazione, passionalmente discorde, opponendo che, nel gerente quella mano (in quel modo ed a quel fine) “nulla escludeva che …, sebbene fortemente contrariato dalla presunta disdicevole condotta della figlia, avesse agito per impulso sessuale che andava ravvisato anche in presenza dell’altra finalità di voler umiliare la figlia”… trascurando peraltro che, gravata da prova “positiva” (che cosa non “esclude”sse…), osava “cavarsela” con prova “negativa” (” nulla esclude” )…

“controverte”, sulla sentenza…

ma in pessimo assetto tecnico:

lascia l’ “esterno”, del reato (sul quale, quella, ha diligentemente operato), la “condotta”… e, con essa, quanto la segua, dalla causalità all’evento causato… lascia, cioè, la forma legale del reato, al seguito protervo di una propria…

si addentra nell’ “interno”, del reato, ben oltre il “movente”, fino, addirittura, all’ “impulso” (che abita meandri, dell’inconscio, solo psicoanaliticamente accessibili), benchè incapace (ovviamente) di salire alla coscienza ed alla volontà (non psicoanalitiche), al “dolo”…

in un decadimento, dalla fattispecie (legale e fattuale), che sostituisce l’opera del mistico a quella dell’ “interprete”… l’opera del Santo Inquisitore a quella del Procuratore della Repubblica…

e che il giusdicente “supremo”, (sedicente) edotto, in “legittimità”, di quanto gli pervenga, preposto alla elisione, a colpo d’occhio, del (l’almeno iperpalese) suo contrario, dovrebbe immantinente fulminare…

ma purtuttavia, accogliendo l’impugnazione:

annulla la sentenza, perchè “con motivazione del tutto illogica si è ritenuto che nulla di libidinoso ebbe a stimolare l’imputato”…

e, decadendo vieppiù:

riduce l’ “impulso” a “stimolo”, sebbene questo sia altro, o ne sia minima parte, e sia assai meno conoscibile, anche psicanaliticamente…

trae ad esso, “interno” che più non potrebbe, toltala all’ “esterno”, ove patentemente siede, la “sessualità”, della fattispecie….

e anzi, cambiatala in “libidinos”ità, la affonda irreversibilmente, nell’ “interno”… di fatti la libidine è abitante (ed agitante) del ” profondo ” umano, insieme all’ “inconscio”…. mentre la “sessualità” ne è manifestazione, per atti esterni, non per “stimoli” interni…

insomma, trae il fatto dal piano della realtà empirica a quello della sottorealtà immaginaria…

nel quale, poi, definitivamente si alloca, se:

sarebbe “motivazione del tutto illogica” (quella della sentenza che annulla)…,

tuttavia, secondo una “logica” che…

obbiettando che si sarebbe esclusa “la valenza sessuale” del “test di verginità” dandosi rilievo “al contesto in cui l’atto sessuale é stato compiuto, dal quale si desumerebbe che fosse diretto ad umiliare la figlia nella sua leggerezza dei costumi”:

pone l’ “atto sessuale” nel “contesto” degli elementi dai quali dovrebbe desumerlo…,

cioè, lo desume da esso (medesimo): d’altronde solo per tale artifizio potrebbe, in un “contesto” in cui il padre ‘fu preso dalla rabbia’ “che la figlia fosse sessualmente disinvolta e per verificare la perdita della sua verginità, dopo averla denudata, aveva fugacemente introdotto le dita della mano nella vagina”)… un contesto di aperta ostilità alla sessualità, insidiosa della verginità…

del tutto insensibile alla “turba mentale”, protostorica, della “petizione di principio”, per cui la proposizione che concluda, un ragionamento, mai potrebbe stare in quella che gli sia premessa… insensibile, quindi, al discernimento, in un ragionamento, della premessa dalla conclusione…

secondo una logica, dunque, avulsa da modelli classici…

a partire da quello che, se la (sub) logica giuridica ha ad oggetto la lingua del diritto, o la implica, e ne parla, o non ne parla (affatto), quando non ne sparli…,

come subito evidenzia l’ “enunciato”:

“anche se così fosse…” (cioè il “contesto in cui l’atto sessuale é stato compiuto, dal quale si desumerebbe che fosse diretto ad umiliare la figlia nella sua leggerezza dei costumi”), “ciò non escluderebbe la valenza prevaricatoria del gesto sessuale potendo l’intervento punitivo, essere conseguito con modalità meno invasive della libertà di determinazione del soggetto passivo”…

come se, l’ “atto” (invero declinato al plurale dall’art. 609 bis cit, con ovvia differenza semantica), fosse (tipologicamente) “gesto”, neutro movimento del corpo, che non riesce a possedere, al pari di quello, motivo e fine, dell’agire sessuale”…………………

o come se la sessualità, degli “atti”, comportasse, in aggiunta o in vece, “valenza prevaricatoria”… e se questa, a sua volta, e quindi quella, sessualità, comportasse, in aggiunta o in vece, “intervento punitivo”… per giunta, dalle “modalità (più o) meno invasive della libertà di determinazione del soggetto passivo”…

non, cioè, “invasive” della “libertà personale” (corporale: in art. 609 bis cit), oggetto (materiale e giuridico), del reato, bensì di quanto la esclude (letteralmente e sistematicamente), la “libertà di determinazione” (alias “libertà morale”: art. 610 cp)…

e, ciò, senza nemmeno avvertire, la “logica” in discorso, che proprio la evidenza, di essa, nell’evento concreto, e nella condotta antecipante, sosteneva, rettamente, la sentenza che annulla….

e, ancor meno, di avere deturpato, per “plastiche facciali” inimmaginabili (”valenza prevaricatoria”, “intervento punitivo…”), la condotta tipica del reato di violenza sessuale….

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